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mercoledì 15 luglio 2015

L’Italia, la globalizzazione e la sociodinamica dei popoli in movimento

Zur Elektrodynamik bewegter Körper, (L’elettrodinamica dei corpi in movimento) così 110 anni fa si intitolava l’articolo con cui Einstein proponeva al mondo scientifico la Relatività, conosciuta con la formula che è ormai un’icona E=mc2.
L’Italia è l’unica nazione, il cui popolo lava i panni sporchi non in famiglia, ma davanti al mondo.
Ricordate lo scandalo del calcio del 2006, proprio nell’anno dei campionati mondiali, scoppiò, con grandissimo clamore, lo scandalo delle partite di calcio truccate nel campionato di serie A. Il popolo italiano andò in Germania con la testa china, il viso pieno di vergogna e rabbia e nessuna speranza di riscatto, dopo un mese eravamo Campioni del Mondo.
Quest’anno è l’anno dell’EXPO sul cibo, probabilmente uno degli asset migliori di questo popolo, la cucina italiana e il cibo italiano sono senza dubbio (parlo per me) i migliori al mondo, qui non dobbiamo fare nessun campionato, vinciamo di default.
In aggiunta questo Papa che ha davvero l’intenzione di evangelizzare il mondo, cosa fa? Proclama un Giubileo straordinario: il Giubileo della Misericordia! Non fa in tempo a chiudere i battenti l’EXPO a Milano che inizia il Giubileo a Roma.
Un popolo normale, uno Stato normale, avrebbe serrato le fila e mostrato al mondo il meglio di sé in termini organizzativi, di efficienza, ecc. ecc.. Invece no, l’Italia prima scopre le infiltrazioni mafiose negli appalti dell’EXPO, poi il giro di mazzette politiche, quindi il dramma ce la faremo, non ce la faremo, quindi l’EXPO parte ed è un successo, buona l’organizzazione, ottime le presenze insomma confermiamo di essere sul cibo Campioni del Mondo.
Chiuso il dramma EXPO parte Roma con Mafia Capitale, un’indagine che mostra quanto oggi la politica sia permeabile agli interessi economici. L’autonomia della politica dall’economia è la prima delle necessità, altrimenti i politici rischiano di essere sempre e comunque a libro paga di qualcuno, anche senza essere corrotti.
Insomma nel momento in cui Roma più del solito va nel frullatore dei media mondiali, scopriamo con una certa curiosità che «La mucca tu la devi mungere, però gli devi dà da mangià» un principio che chi come me è nato contadino conosce perfettamente, ma probabilmente nessuno aveva mai applicato agli uffici pubblici e alle aziende pubbliche.
Ma nello specifico lo scandalo di Mafia Capitale, non si concentra sugli uffici dell’urbanistica o dei lavori pubblici nei quali da sempre viene concentrato il massimo degli interessi privati, ma sulla gestione degli immigrati e dei rifugiati.
Quindi provo e mettere tutto insieme con una frase sincopata alla J-Ax: Roma, Mafia, Capitale, Immigrati, Giubileo, Misericordia. Un mix incredibile all’interno di un solo bicchiere.
E naturalmente per non farci mancare nulla il problema dei “barconi” che partono dalla Libia diventa inarrestabile, Francia, Germania e Inghilterra ci fanno tutti i giorni lezioni su come dovremmo comportarci, bloccano le frontiere ecc. ecc., il Papa dice che bisogna accogliere tutti, mentre alcuni politici propongono di bombardare i barconi, oppure di “darglie foco” avrebbe detto Buzzi.
Ora viene la domanda: può un Comune completamente frastornato, con consiglieri e assessori indagati e/o arrestati, con una credibilità vicino allo zero, con problemi economici e di bilancio, con una esplicita incapacità di governo, gestire il Giubileo? Marino pensa di farlo mandando la destra nelle fogne, ma il lavoro che aspetta Roma con i due campioni della Misericordia mondiale: Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta, solo in termini di gestione della sicurezza e della decenza, è enorme e necessitano di un commissario che abbiamo poteri e risorse umane ed economiche adeguate allo scopo e non sia sottoposto in ogni scelta al voto di un consiglio comunale, che fino ad oggi, diciamo la verità non ha brillato per le scelte che ha fatto.
Se chiudiamo gli occhi e immaginiamo il mondo, vedremmo popoli interi che per motivi economici, umanitari o culturali, si spostano. Infatti sono oltre 600 milioni i cittadini che si spostano solo per turismo, una massa enorme come mezza popolazione indiana o come tutti i cittadini europei. In Italia arrivano 48 milioni di turisti e qualche centinaio di migliaia di migranti e rifugiati. Per l’EXPO 10 milioni verranno dall’estero, forse più per il Giubileo.
Questa sociodinamica, mai registrata nel passato in queste dimensioni, sta cambiando il inaspettatamente il mondo relativizzando il concetto di Stato e di nazione, non quella di popolo. Anzi i popoli tendono a resistere.
L’interconnessione di Internet e quella fisica di aerei, navi e treni, cancella più velocemente di quello che si pensasse i confini fisici e modifica quelli culturali.
L’ISIS è un’espressione di resistenza estrema alla relativizzazione dei confini culturali.
La firma del TTIP può rallentare l’erosione della cultura occidentale.
L’Italia che è un territorio occupato da un popolo che non ha grande stima dello Stato, né un grande senso nazionale, e che non ha mai pensato di essere il popolo migliore del mondo, è utile che continui a lavare i panni in pubblico, la sua famiglia è questa, da sempre nel bello del Rinascimento e nel brutto di mafia capitale, e in questo cambiamento ha qualche asset in più. Siamo come sempre i campioni del mondo anche se non lo riconosciamo. Andremmo esposti al Museo di Sevres come unità di misura della Cultura.
di Pasquale Russo

mercoledì 1 luglio 2015

L’Università e la sfida della “terza missione”. Discussione aperta alla Link Campus University

Storicamente le università sono nate e si sono istituzionalizzate per diffondere l’alta formazione e formare la classe dirigente. In breve, a questo obiettivo primario se ne è aggiunto un secondo, quello della ricerca orientata alla scoperta. Sotto la spinta dell’università di massa, e una logica organizzativa ispirata al modello taylorfordista, didattica e ricerca hanno teso sempre più a separarsi, affermandosi come due distinte missioni universitarie piuttosto che come un’unica e articolata strategia finalizzata alla promozione della cultura scientifica. Dal nucleo originario di università-comunità di stampo medioevale si è passati, quasi senza rendersene conto, a un modello di università intesa come istituzione trasmissiva che trova la sua massima perversione nel rischio “esamificio”. L’effetto non voluto di questo cambiamento, intervenuto sotto la spinta dei tempi, si può riscontrare nell’inflazione dei titoli di studio e nel mismacht occupazionale denunciato quotidianamente da ogni ricognizione sullo stato dell’università. A ciò si accompagna, spesso, un’immagine distorta della formazione intesa come prodotto di consumo e parcheggio temporaneo piuttosto che come processo di sviluppo integrale della persona.
Alla fine degli anni ’90 ha cominiciato a diffondersi un vasto movimento di idee che attribuisce all’Università un ruolo di partecipazione allo sviluppo economico locale, nazionale e globale, a partire da una più stretta relazione tra didattica, ricerca e sistema economico-produttivo. Questa rinnovata prospettiva critica, che va sotto la generica etichetta di “terza missione”, riconosce all’università il ruolo di attore di sviluppo locale, attraverso la diffusione della cultura scientifica e tecnologica e una strategia integrata dove didattica, ricerca e diffusione convergono in un unico progetto di sviluppo. In linea generale, con il concetto di III missione universitaria s’intende la promozione di interventi che siano capaci di favorire la diffusione dei risultati dell’attività di ricerca affinché questi contribuiscano allo sviluppo socio-economico del territorio in una chiave locale e nazionale. Pur in assenza di una visione di sistema e di una linea d’indirizzo definita, si può notare nei provvedimenti normativi degli ultimi quindici anni – ispirati a una logica di decentramento e semplificazione amministrativa (L. 59/97, L. 196/97, L. 341/1990, L. 30/2001, L. 240/2010 ecc.) – una pressione crescente verso un ruolo di intermediazione e attivazione delle università. Ancora oggi il concetto di terza missione universitaria si presenta quanto mai complesso da definire ma è ormai entrato nel lessico comune anche grazie agli sforzi avviati su questo tema dall’ANVUR con la costituzione di gruppi di lavoro dedicati alla definizione di parametri e standard condivisi per la realizzazione dei processi valutativi sull’operato delle università, ivi comprese le attività che rientrano nella III missione.
Questo cambiamento di paradigma, tuttavia, richiede una radicale metamorfosi dell’Accademia. Non più un’università “chiusa nei suoi confini, “una torre d’avorio”, auto-legittimata e incurante delle ricadute del suo operato sul più ampio sistema socio-economico “glocale” ma un’università capace di innescare meccanismi virtuosi. Un motore di sviluppo capace di integrare saperi, prospettive e competenze in ragione del fatto che nella società postmoderna l’innovazione si produce negli interstizi di confine tra ambiti diversi, e richiama l’interconnessione di sistemi storicamente tra loro distinti e non comunicanti: educazione (istruzione e formazione); ricerca e innovazione. Il tipo d’interventi e la relativa modalità di gestione di tutte le attività che possono rientrare sotto la generica etichetta di III missione (comunicazione istituzionale, orientamento, placement, ricerca, start up, spin off, brevetti, progettazione, consulenze, commesse, ecc.), tuttavia, è cosa quanto mai complessa e si possono rintracciare diverse e interessanti esperienze all’estero, accomunate dall’idea di università imprenditoriale. Con il concetto di università imprenditoriale si fa riferimento al modello della “tripla elica” che il prof. Henry Etzkowitz, Presidente della Triple Helix Association e dell’International Triple Helix Institute ha presentato recentemente in un seminario presso la Link Campus University. Questo modello si basa sull’idea che è possibile promuovere ambienti innovativi e culturalmente vivaci là dove governo, università e imprese assumono responsabilmente il proprio ruolo all’interno della società attraverso processi di co-evoluzione. Nella società della conoscenza, dove il volano dell’innovazione e dello sviluppo è dato proprio dal valore dell’informazione, l’università, in quanto culla della produzione e diffusione di nuova conoscenza, diviene una risorsa strategica. L’esempio più famoso e riuscito al mondo è certamente quello della Silicon Valley dove coesiste una relazione di reciproco interesse tra università e sistema socio-economico.
In questo nuovo quadro di opportunità l’università è chiamata a definire il proprio modello di III missione che intende perseguire in relazione al contesto di riferimento e al modo in cui intende tradurre in pratica la propria mission per affermarsi come attore di sviluppo locale. Il territorio, lungi dall’essere solo un bacino di potenziali iscritti, può divernire luogo di scambi complessi e articolati con altri sistemi e sottosistemi che, seppure non è possibile controllare completamente, si possono interpretare come opportunità. In una prospettiva di questo tipo la terza missione considera il trasferimento tecnologico come aspetto di un contesto più esteso dato dal network territoriale e dalla sua capacità di governare la diffusione degli esiti della ricerca scientifica e tecnologica mediante una serie di attività composite volte a intercettare i bisogni emergenti e le opportunità di intervento. Per questa via, l’università diventa un polo di sviluppo e di empowerment territoriale e di comunità, dove acquisistono rilevanza i meccanismi di cooperazione che spingono gli attori sociali (individui e organizzazioni) ad auto-organizzarsi per agire attivamente nella “ragnatela” della complessità sistemica attivando circoli virtuoli dal basso. L’università viene così ad assumere una funzione sociale di emancipazione collettiva che punta sulla partecipazione attiva e responsabile dei soggetti e del mondo economico produttivo. Il riconoscimento della funzione culturale e sociale dell’università può essere meglio espresso dal concetto di “università empowering” che supera, incorporandone gli aspetti positivi, quello di università imprenditoriale, troppo schiacciato sugli aspetti economicisti e di breve durata connessi alla complessa funzione di III missione universitaria.

di Stefania Capogna
CdS in DAMS e Comunicazione digitale, Dipartimento DASIC