Ormai da parecchi anni, in Italia e nel mondo, si discute delle nuove
frontiere che i media digitali rappresentano per i tradizionali modelli
giornalistici, e in particolare della capacità del web di farsi luogo
del dare, del fare e del partecipare informazione.
L’ennesima tragedia del mare – che si è consumata nello specchio
d’acqua che separa la Sicilia dalle coste nord-africane nella notte tra
sabato e domenica e che ha causato quasi mille vittime – per molti versi
conferma questa tendenza, soprattutto quando la riflessione si
focalizza sulla terza prospettiva: la Rete, cioè, come spazio nel quale
si condividono delle idee che poi diventano essere stesse fonte di
informazione per i media giornalistici e, di conseguenza, per il
pubblico.
L’esempio a nostro avviso più emblematico di questa tendenza è
rappresentato da quello che potremmo definire come “il caso Gianni
Morandi”. Due giorni dopo il naufragio, il popolare cantante ha infatti
postato sul proprio profilo Facebook due diverse immagini, accompagnate
da una propria, personale riflessione. La prima fotografia, in
particolare, mostra una moderna “carretta del mare”, con migliaia di
migranti ammassati l’uno accanto all’altro; la seconda rivela una scena
del tutto simile, anche se i colori ingialliti dal tempo fanno
immediatamente intuire che si tratta di un’immagine del passato. Sono le
parole del cantante, nello specifico, a spiegare il senso di questo
accostamento: «A proposito di migranti ed emigranti – scrive Morandi
– non dobbiamo mai dimenticare che migliaia e migliaia di italiani, nel
secolo scorso, sono partiti dalla loro Patria verso l’America, la
Germania, l’Australia, il Canada… con la speranza di trovare lavoro, un
futuro migliore per i propri figli, visto che nel loro Paese non
riuscivano a ottenerlo, con le umiliazioni, le angherie, i soprusi e le
violenze, che hanno dovuto sopportare! Non è passato poi così tanto
tempo…».
Secondo Morandi, c’è dunque un filo rosso che lega i migranti di oggi
ai migranti di ieri, e l’ospitalità, l’accoglienza che uomini e donne
costretti a lasciare il loro Paese chiedono oggi a noi italiani è del
tutto simile a quello che molti nostri compatrioti chiedevano a inizio
Novecento ai Paesi dove erano costretti a emigrare. Premesso che il tema
richiederebbe ben altro approfondimento, ci limitiamo qui a rimarcare
come la delicatezza dell’argomento sia confermata anche dal fatto che,
alcuni anni orsono, l’Ordine dei giornalisti ha dedicato uno specifico
documento deontologico (la cosiddetta “Carta di Roma”) alle modalità di
rappresentazione giornalistica dei migranti.
Il post di Gianni Morandi, visualizzato dai circa 1,2 milioni di fan
che il cantante annovera tra i propri seguaci sul social network,
diventa immediatamente oggetto di condivisione e di commento. Su questo
secondo versante, è interessante sottolineare come le reazioni dei fan
tendano a distinguersi: da una parte, infatti, c’è chi condivide tanto
le ragioni del post quanto il senso della riflessione (i “like” sono più
di 98mila), e si impegna in prima persona a rafforzare, amplificare,
condividere il messaggio. Dall’altra parte, c’è anche un considerevole
numero di fan che invece condanna apertamente la presa di posizione di
Morandi, ora invitandolo al silenzio, ora arrivando a tacciarlo di
ignoranza e stupidità.
La risposta del cantante non si fa attendere ed è affidata ancora una
volta al popolare social network. Il nuovo post presenta tuttavia
significative differenze rispetto al precedente, tanto nella sua
struttura quanto nei toni utilizzati. Morandi esordisce infatti
mostrando la sua sorpresa per «la quantità di messaggi al mio post
di ieri. Sto continuando a leggere ma penso sia impossibile arrivare in
fondo… 14mila messaggi!»: Ancora una volta, la Rete viene dunque
percepita come un mezzo in grado di creare delle comunità che si
riuniscono attorno a un tema di discussione: una sorta di agorà 2.0
dove, tuttavia, le posizioni possono differire e non sempre i toni
restare nei limiti della convivenza civile. Ed è proprio su questo
secondo aspetto che si focalizza il cantante nel prosieguo del post,
allorquando afferma che «non mi aspettavo che più della metà di
questi messaggi facesse emergere il nostro egoismo, la nostra paura del
diverso e anche il nostro razzismo. A parte gli insulti, che sono ormai
un’abitudine sulla Rete, frasi come “andrei io a bombardare i barconi” o
“sono tutti delinquenti e stupratori” oppure “vengono qui solo per
farsi mantenere”, mi hanno lasciato senza parole…». La chiosa finale sintetizza stupore, incredulità e nel contempo una forte dose di amarezza:
«Magari qualcuno di questi messaggeri, ha famiglia, figli e la domenica
va anche a messa. Certamente non ascolta però, le parole di Papa
Francesco…».
Ancora una volta, il post del cantante riceve un consistente numero
di “like”, svariati commenti e altrettante condivisioni, e
contestualmente altrettante critiche. Tra queste ultime, la più
“notiziata” dai news media è certamente quella del segretario della Lega
Nord Matteo Salvini il quale, attraverso lo stesso social network,
dapprima stigmatizza le parole di Morandi («Se Gianni Morandi è così
attento alle esigenze degli immigrati, visto che non gli mancano soldi e
case dia il buon esempio: accolga, ospiti, mantenga e paghi di tasca
sua!»), poi conclude con una nota polemica a metà strada tra l’ironia, il sarcasmo e la satira («Canta che ti passa…»).
Anche in questo caso, il popolo della Rete si mobilita: circa 45mila
“like”, 5mila commenti, 3mila condivisioni, a conferma del fatto che,
sul tema immigrazione, le posizioni tendono spesso a diversificarsi,
sovente a contrapporsi, talvolta addirittura ad assestarsi su sponde
diametralmente opposte e inconciliabili.
Fin qui, il dibattito emerso in Rete. E i news media mainstrem?
Quale spazio essi danno alla notizia di questa ennesima tragedia del
mare e all’ampio dibattito che ne è seguito? Con riferimento al primo
aspetto, non vi è dubbio che vi sia stata una copertura assai
approfondita dell’accaduto, e razionalmente non poteva accadere
diversamente, poiché una simile notizia rispetta così tanti valori
notizia (vicinanza, novità, dimensioni, drammaticità, human interest,
ecc.) da non poter essere trascurata da nessun medium giornalistico. È
con riferimento al secondo aspetto, tuttavia, che emergono le
considerazioni più interessanti. L’iniziativa di Gianni Morandi trova
infatti ampia copertura sui news media, tanto in quelli più
tradizionalmente mainstream quanto in quel vasto e variegato
universo di testate che si muove sulla Rete. Questo segna il passaggio, a
nostro avviso assai significativo, tra una Rete che nasce e si sviluppa
come luogo del partecipare informazione a una Rete che, oggi più che mai, tende ad affermarsi come luogo del dare informazione.
In questo delicato passaggio, tuttavia, vengono alla luce tanto gli
innumerevoli pregi del web (perché è indubbio che una notizia veicolata
attraverso la Rete trovi uno spazio di notiziabilità che oggi nessun
altro medium è in grado di garantire), quanto i suoi difetti. Difetti
che appaiono evidenti se consideriamo che in Rete tendono sovente a
essere superati quei limiti alla libera manifestazione del pensiero
tradizionalmente riconducibili alle regole della convivenza civile.
Ma c’è un altro aspetto interessante che emerge dalla vicenda e che
rappresenta l’ideale conclusione del nostro lavoro e il ponte per futuri
approfondimenti. Tutte le indagini che vengono periodicamente condotte
sul pubblico dei media (da ultimo, il 12° Rapporto Censis/Ucsi sulla
comunicazione), mostrano come la Rete sia la principale fonte di
informazione per i giovani: è sul web infatti che i giovani italiani si
informano, ovvero si formano quell’opinione cosciente, e alla bisogna
critica, che poi si tradurrà in precisi comportamenti politici e
sociali. Altrettante ricerche – a cominciare dal Rapporto Generazione
Proteo, realizzato dalla Link Campus University e arrivato quest’anno
alla sua terza edizione – sottolineano come i giovani italiani abbiamo
una percezione molto diversificata dei fenomeni migratori: appena il 4%
degli intervistati mostra infatti paura o disprezzo nei confronti degli
immigrati, eppure 8 ragazzi su 10 ritengono che in Italia ci siano più
immigrati di quanti il Paese possa ospitarne.
Se proviamo a incrociare questi due dati, appare evidente che l’apporto, fondamentale e irrinunciabile, che la Rete può e deve garantire
quando vengono affrontati temi così centrali per la convivenza civile
e, ancor più, per la costruzione della società del domani. A patto,
tuttavia, di un’informazione (data, fatta o partecipata) che contribuisca a creare una cultura dell’altro e non del diverso.
Distinzione che i giovani italiani già percepiscono e in molti casi
hanno già fatto propria se – come sostiene Nicola Ferrigni, direttore
dell’Osservatorio Generazione Proteo, commentando i dati che emergono
dalla ricerca – per la maggioranza dei ragazzi intervistati «l’immigrato
non è un diverso, quanto piuttosto un cittadino nato in un altro Paese o
al limite una persona bisognosa di aiuto».
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